Il Lavoro di domani: il superamento “dell’orario di lavoro”.

Il rapporto di lavoro è storicamente legato al concetto di orario, il tempo della prestazione.  L’istituto dell’orario di lavoro trova così ampio spazio nella contrattazione, collettiva e individuale, che lo disciplina in positivo con la finalità di individuare il “giusto corrispettivo” ed evitare che la prestazione diventi oltremodo gravosa. Dal punto di vista datoriale, tutto ciò si traduce nell’esigenza di rilevare le presenze, spesso con sistemi complessi e dati più o meno integrati in modo automatico con i centri paghe, interni o esterni all’azienda. Una mole di dati direttamente proporzionale alla complessità organizzativa della singole realtà aziendali. Flessibilità, prestazioni esterne alla sede, straordinari o altri istituti possono ulteriormente incrementare la mole di dati necessari a integrare il complesso delle ore lavorate e complicare il sistema di rilevamento. La tecnologia ha reso possibili soluzioni di monitoraggio più semplici e a costi sempre più accessibili, con la rilevazione di prestazioni spesso disegnate sulle esigenze del singolo datore di lavoro. In alcuni settori, però, si assiste a un fenomeno interessante, che vede lo stesso lavoratore organizzare la sua attività o valutare la prestazione rispetto a parametri che non sono direttamente riconducibili al concetto di tempo. Per esempio una società specializzata in consegne a domicilio ha sperimentato un sistema di rilevamento della prestazione basato sul numero medio di consegne svolte dall’operatore nel territorio di riferimento. Individuata la media delle consegne svolte da quell’operatore, si è valutata “normale” la prestazione prossima a quel numero, per eccesso o per difetto: il tempo impiegato a effettuare le consegne, anche se eventualmente inserito in un “arco di impegno” giornaliero (che possono essere le 24 ore o 16 ore o 12, a seconda dei diversi casi), non è rilevante. Si tratta di un modello sperimentale, che francamente delinea difficoltà di coesistenza con l’ordinamento lavoristico corrente. Ci sono innegabili vantaggi e risparmi connessi allo snellimento del sistema di rilevamento e delle risorse chiamate a gestirlo ma possono emergere anche problemi. Si pensi, per esempio, che anche la prestazione straordinaria dovrà essere valutata sulla base del numero di consegne “eccedente” rispetto al parametro base. È anche chiaro che modelli simili non sono replicabili in tutti i settori produttivi. In ogni caso sono esperimenti indicativi del tentativo di superare il tradizionale concetto di prestazione lavorativa scollegandolo dal parametro esclusivamente temporale.

FERIE O NON FERIE, PER IL DATORE DI LAVORO QUESTO PUO’ ESSERE IL DILEMMA.

Estate, tempo di vacanze e relax. Non per tutti. Sicuramente non per alcuni responsabili HR, da quando l’INPS entra a pieno titolo tra i soggetti diversamente interessati alla gestione delle ferie maturate dai dipendenti dell’azienda.
Il tema può essere così brevemente riassunto. L’art. 10, comma 1, del D. Lgs. n. 66/2003, nella versione attualmente in vigore, prevede l’obbligo di godimento delle ferie, in caso di richiesta del lavoratore, per almeno due settimane consecutive nell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il datore di lavoro è obbligato a versare i contributi sulle ferie maturate dai propri dipendenti, se non godute entro il termine previsto dalla legge. Il termine di 18 mesi è sospeso solo se la fruizione delle ferie è impedita da malattia, infortunio, maternità o altro legittimo impedimento.
Negli altri casi, nel cedolino di luglio deve essere riportato anche l’importo “figurativo” corrispondente alle ferie scadute e non godute, mentre i contributi sono versati entro il successivo 16 agosto. Se il lavoratore usufruisce delle ferie dopo la loro scadenza o il rapporto si interrompe, il datore di lavoro opera i conguagli. Se deriva un credito contributivo, opera la compensazione ed il recupero tramite flusso UniEMens.
Il tema è sensibile, non solo per l’impatto che i maggiori oneri contributivi possono avere sul conto economico di alcune organizzazioni aziendali. Il Legislatore ha, infatti, disciplinato anche un articolato sistema di sanzioni amministrative per il quale non trova applicazione il beneficio della diffida (art. 18bis del D.Lgs. n. 66/2003, nella versione attualmente in vigore).
Trova quindi facile spiegazione l’attenzione posta da molte aziende nel sollecitare i propri dipendenti al godimento delle ferie in prossimità della loro scadenza.